Verso l’autonomia: Lamporo diventa una realtà

Nel 1571 - un anno rilevante per Lamporo – nacque la Parrocchia di San Bernardo con distacco da Crescentino 44. Non si trattò di una vera autonomia, poiché il priore (titolo spettante al prevosto) di Lamporo doveva versare due scudi d’oro al parroco di Crescentino e doveva pure assistere alle funzioni del Sabato Santo nella chiesa “matrice”. Tali obblighi cessarono solo nel 1822 con la cessione, da parte del parroco lamporese, Don Piantanida, di una “pezza” di terreno al parroco di Crescentino.
Dal punto di vista amministrativo Lamporo doveve rimanere, in base a una promessa Reale, territorio crescentinese anche se gli abitanti del borgo avevano terre nei comuni di Livorno e di Saluggia. I Savoia, per rafforzare le alleanze e avere il controllo sul territorio usavano i terreni come regalia per i nobili fedeli.
Nel 1694 nella storia di Lamporo appare la famiglia Pastoris di Saluggia:

In questi tempi si rese grandemente benemerito della patria e della Casa Savoia il conte Guglielmo Pastoris di Saluggia. Colonnello nelle R. R. Truppe di Savoia, fu carissimo a Carlo Emanuele Il, che l’ebbe a compagno in tutte le sue spedizioni militari. In compenso dei suoi servigi il duca lo aveva decorato della commenda dei Santi Maurizio e Lazzaro, nominato governatore di Crescentino, e 1’8 giugno 1666 gli aveva infeudata la terza parte di Saluggia col titolo di signore. Il figlio Carlo Giacinto, s’era a sua volta per gli alti suoi meriti, siffattamente cattivato l’animo del duca Vittorio Amedeo II, che questi, oltrechè onorarlo della sua particolare amicizia, il 30 aprile del 1694, disgiungeva dal territorio di Crescentino la grossa borgata di Lamporo, erigendola in comune e ne lo investiva creandolo anche Conte di detta terra 45.

Non si può intendere che fosse stato un vero regalo, perché il novello conte versò ai Savoia 30.000 lire d’argento: la nascita di Lamporo servì per rimpinguare le finanze sabaude svuotate dalla guerra contro i Francesi.
Da questo momento, però, è possibile esaminare una documentazione che si riferisce a Lamporo e non più a Crescentino. Un confronto fra due diverse rappresentazioni topografiche può essere utile per comprendere quali furono i mutamenti dell’abitato lamporese durante il secolo XVIII.
Nel 1701, Carlo Gerolamo Re 46 indica Lamporo come un nucleo abitativo ancora privo di un nome specifico, semplicemente scrive «Cas(c)ine dette il Lamporo».
Si intravede la Chiesa con tre finestroni, le abitazioni sono concentrate a sud della Roggia, mentre a nord-ovest vi sono delle costruzioni più grandi e non allineate. Non si vedono i due Oratori di Loreto e san Rocco, mentre è indicata la cascina Val Serpe. In alto, a destra, si vede la cascina Cantone e la chiesetta di San Defendente - oggi scomparsa - entrambe nel territorio di Livorno Ferraris. Si tratta certamente di una rappresentazione molto sintetica, ma rivela il fatto che i Crescentinesi non avevano ancora accettato la perdita del territorio lamporese: non sono indicati confini.

Pochi anni dopo, nel 1705, dopo la caduta della rocca di Verrua 47, anche Lamporo venne saccheggiato e quasi distrutto dalle truppe Francesi di Vendôme 48. Mentre le liti sui confini continuavano, Lamporo venne ricostruito e prese la struttura che si è poi evoluta nei secoli successivi: due file di case lungo la roggia.

BIBLIOGRAFIA

  • 44 Pergamena originale - Archivio storico parrocchiale di Lamporo.
  • 45 A. MANNO, Il patriziato subalpino..., cit.
  • 46 Cfr. Tipo presente nell’Archivio Storico di Crescentino.
  • 47 M. OGLIARO, La fortezza di Verrua Savoia nella storia del Piemonte, Libreria Mongiano editrice, Crescentino 1999.